Raffaello Converso
in
DI GIACOMO IN THE MOOD
elaborazioni ed orchestrazioni
Roberto De Simone

direttore d’orchestra
Luigi Grima

e con
Mimmo Napolitano pianoforte
Rocco Roggia violino I°
Antonio Ruocco violino II°
Marco Traverso viola
Leonardo Massa violoncello
Antonio Di Costanzo contrabbasso
Umberto Leonardo chitarra
Michele De Martino mandolino
Enzo Grimaldi fisarmonica
Giuseppe Di Colandrea clarinetto/sax
Vincenzo Leurini tromba
Luca Martingano corno
Cosimo Gargiulo trombone
Gianluca Mirra percussioni/vibrafono


Il concerto mette in rilievo non solo le produzioni poetiche di Salvatore di Giacomo e dei compositori che ne vestirono di musica i testi (Mario Costa, Enrico De Leva, Francesco Paolo Tosti), ma tutto un mondo musicale e poetico che deriva dall’immaginario digiacomiano e che ad esso si ispira.
In tal senso è derivato il titolo che abbiamo dato alla composizione espressiva dello stesso concerto.

Da un’attenta lettura delle melodie digiacomiane di Mario Costa, pervenuteci a stampa, è interessante rilevare, nelle succinte realizzazioni pianistiche, le indubbie indicazioni dell’Autore riguardanti l’andamento ritmico e cadenzale nonché la scrittura del basso armonico spesso poco scolastica, o la condotta armonica volutamente trasgressiva. Si intuisce, quindi, la solida identità del musicista, al di là del suo naturale immaginario melodico, anche se, talvolta, non emerge una definitiva distribuzione verticale delle armonie per quel che riguarda una eventuale orchestrazione futura, che non entri in conflitto con la tessitura vocale di un interprete (maschile o femminile che sia).
Per altro, dalle stesse partiture orchestrali del Costa si riscontra un innegabile parallelo tra la equilibrata scrittura dell’Autore e le orchestrazioni di alcune opere pucciniane del primo periodo (La Bohème, in particolare) ed è immaginabile che il pregevole equilibrio tra la vocalità di un cantante (maschile o femminile) e la compagine strumentale che sostiene la melodia, sia frutto di una reciprocità, che ignoriamo per quali vie si è prodotta.
Inoltre è noto il rapporto a Parigi tra Costa e Debussy, che del napoletano autore di canzoni apprezzava lo sgorgante estro melodico, ricco di strutture esotiche e di stilistiche identità partenopee, non dissimili da quelle – ancor più accentuate – impiegate da Francesco Paolo Tosti in Marechiare (e Tosti era ben noto in ambito internazionale).
Per altre vie, i versi digiacomiani furono musicati anche da Enrico De Leva, che, all’opposto, rifuggendo da locali esotismi melodici, compose linee di canto riferite allo stile dei posteggiatori «gavottisti», ad irrelate allusioni settecentesche, o anche a wagneriani cromatismi di moda (Nu passariello spierzo).
E’ chiara, per tali compositori scolasticamente colti, la destinazione musicale indirizzata – commercialmente – sia al salotto borghese sia a frange di esecutori attivi in contesti sociali più bassi (posteggiatori, gavottisti) i quali, però garantivano agli autori e agli editori una più larga diffusione di consumo (si consideri anche l’incipiente industria di case discografiche).
Tuttavia, la poesia digiacomiana, al di là della lingua napoletana, conteneva umori antropologici e psicologici nonché significati che non sempre potevano essere intesi pienamente da musicisti, o melodisti, di più modesta formazione culturale, e tantomeno da un pubblico eterogeneo, più attratto dall’esotismo, spesso abusato, dei tratti melodici di una canzone.
Dal punto di vista dialettale, anche Ferdinando Russo produsse dei componimenti destinati alla musica (Tammurriata palazzola, Scetate) ma i suoi versi non hanno lo spessore di quelli digiacomiani ed indugiano nel descrittivismo bozzettistico o nel compiacimento di frequenti espressioni idiomatiche. Musicisti, quali il Buongiovanni li rivestirono di elementi melodici insistiti, facilmente riconoscibili anche da fruitori turistici, pur giungendo ad ibridismi compositivi che, d’altronde, bene identificano il tempo storico in cui visse ed operò il Di Giacomo, impregnando di se il contesto artistico, letterario e poetico.
Eppure, musicalmente, negli epigoni digiacomiani non ritroviamo talune raffinatezze armoniche che spiccano nel Costa di Luna nova, Era de maggio, Catarì, che invece sono vicine alle indeterminatezze coloristiche del Debussy. Ed anche in questo caso è difficile stabilire le reciprocità che innegabilmente soffiavano nell’etere onirico degli artisti, contagiando, a vari livelli, i creatori linguistici, sia pure con dissimili codici formali, o con opposti orizzonti e diverse destinazioni sociali.
Sono queste considerazioni, qui esposte in sintesi e non omogeneamente elencate, che informano le partiture musicali di tutti i brani presenti nel nostro concerto, prodotte da riflessioni e contraddizioni culturali della nostra contemporaneità.

19 LUGLIO 2020
FAGIANERIA del REAL BOSCO DI CAPODIMONTE NAPOLI
NAPOLITEATROFESTIVAL

Foto di Guglielmo Verrienti (AG. Cubo) e Silvia Amoroso


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